di @micaela.cuoreacuore
“Iniziare la vita in groppa significa che nessun essere umano deve cominciare la vita tutto da solo e tutto da sotto.”
Proverbiò dello Zimbabwe
Quando ho iniziato il mio percorso col babywearing, Federico non aveva ancora compiuto un mese di vita – te ne ho parlato settimana scorsa (articolo qui) – ed ero alquanto imbranata con la fascia.
Sicuramente non credevo sarei mai diventata consulente ma più di questo ero convinta e avevo il terrore che il mio “portare” sarebbe terminato da li a pochi mesi, ossia quando avrei dovuto – per forza di cose (peso, ingombro) – passare Federico sulla schiena.
Ero spaventata dall’ idea di dovermelo far scivolare dietro, dal farlo da sola e soprattutto ero spaventata dal fatto che non avrei più avuto quel contatto visivo, quel contenimento e quel calore che tanto stavo apprezzando con la posizione cuore a cuore. Poter chinare di poco la testa per vederlo, per incrociare il mio sguardo col suo e rassicurarlo se necessario, ridere, cantare e a necessità poterlo baciare e accarezzargli la testolina…beh, quanta dolcezza c’è in tutto questo?
Messo sulla schiena come avrei potuto fare le stesse cose?
Non avrei potuto, semplicemente.
Ma avrei presto sperimentato una nuova modalità di “sentire” e “accogliere”.
Il tempo passa e a fine settembre vado alla fiera del babywearing a Modena e partecipo a un workshop proprio legato al portare sulla schiena organizzato da una nota scuola di formazione per consulenti; tutte molto brave, preparate e competenti ma li mi sento dire che il bambino andrebbe messo sulla schiena già dai 4/6 mesi…caspita, Federico aveva appena compiuto 5 mesi e mezzo e quindi, stando a quanto dicevano loro, era giunto il momento di spostarlo dietro.
Aiuto!!! No, non ero assolutamente pronta ma posso dire che non lo era nemmeno lui?
E non perché non avessi la benché minima idea di come fare – cosa assolutamente vera ma per colmare la lacuna mi sarebbe bastato fissare un appuntamento con una consulente – ma proprio perché avevo paura di quella perdita di contatto visivo e di quella perdita di vicinanza a “portata di bacio”.
Quindi decido di fregarmene di “come dovrebbe essere” e scelgo consapevolmente di seguire il mio istinto, il mio sentire e rimando la cosa; lo sposto sul fianco, certo ma la posizione cuore a cuore rimane la mia preferita…anzi, la nostra.
Arriva fine novembre e frequento il corso per diventare consulente e quindi imparo finalmente la legatura sulla schiena.
Provo e riprovo con Olga – la mia bambola didattica – e la legatura riesce; a questo punto non mi resta che testarla con mio figlio, voglio proprio sperimentarla con lui anche se non mi sento ancora del tutto pronta a quel distacco visivo.
Rientro a casa dal corso domenica 26 novembre 2018 e carico Federico con la Rucksack Carry (lo zainetto semplice) la domenica successiva.
Che dire…ricordo ancora tutto come fosse oggi: è subito dopo cena e Fede doveva fare il bagnetto, iniziava ad essere agitato per il sonno ma io dovevo provare quella legatura con lui!
Allora prendo la nostra prima fascia (ai tempi ne avevo solo 3, ma sarebbe durato ancora per poco!), una Didymos rossa/panna taglia 6, la apro a terra, faccio su Fede “a pacchetto” e via che si lega: caricato su, chiusa la legatura alla “buona la prima”, niente fronzoli, una semplice chiusura, pratica e veloce.
Siamo andati allo specchio, lui mi guardava perplesso e sorpreso poi i nostri sguardi si sono incrociati e abbiamo riso tanto.
Poco dopo si è addormentato e il bagnetto è ovviamente saltato.
Però, c’è un però.
Quella prima volta sulla schiena e le poche fatte in seguito erano state comunque una forzatura perché, fresca io dalla formazione, dovevo provare. Non sentivo mia quella legatura, quella posizione, che tuttavia per la maggior parte delle culture tradizionali è la sola che viene effettuata.
Beh, a me non piaceva, non soddisfava…sentivo Federico cosi lontano.
Poi arriva fine gennaio: il tanto temuto rientro al lavoro e di conseguenza l’inserimento di Federico al nido, quindi avremmo vissuto il vero primo distacco prolungato nel tempo. Ma ci siamo arrivati gradualmente, anche grazie al fatto che l’inserimento è durato ben 3 settimane permettendo di abituarci alla cosa.
Secondo me non è un caso che è stato da questo momento che Federico e io abbiamo imparato ad apprezzare il portare in groppa, abbiamo imparato a sentirci e ad ascoltarci in una maniera nuova e abbiamo scoperto una diversa magia del portare…quell’essere in sintonia anche senza vederci continuamente, anche da lontano.
Finalmente anche io stavo vivendo quanto le colleghe conosciute al corso di formazione mi avevano sempre detto, ossia che il portare in groppa regala sensazioni uniche…sentire la testolina del tuo bambino che pian pianino si lascia andare e si adagia dolcemente sulla tua schiena, sentire il suo respiro sul tuo collo, sentire che si fida di te al punto da abbandonarsi al sonno come dire “ok mamma, andiamo…portami dove vuoi, mi proteggi e con te sono al sicuro”…beh, è veramente pura magia.
E’ una tipologia di contatto che protegge e che introduce il piccolo al mondo avendo noi a fargli da scudo; grazie alle precedenti posizioni (cuore a cuore e fianco) la diade impara a fidarsi del contatto e il piccolo si sente sicuro ed è per questo che non servono più conferme visive.
Ho voluto raccontarti in breve la mia esperienza del “portare in groppa” per rispondere alla domanda che mi sento spesso fare: “ quando devo spostare mio figlio sulla schiena?”
La risposta è che non c’è un momento preciso ma devi semplicemente farlo quando te la senti, ovvio che è bene lui sorregga la testa ma non deve essere una consulente o un libro a suggerirti quando effettuare questo passaggio che reputo decisamente delicato non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista emotivo.
Voglio pensare non sia stato un caso che a me il momento dello spostare Federico sulla schiena sia coinciso con la fine dell’esogestazione, con l’inserimento al nido e il mio ritorno in ufficio ossia col primo dei momenti che dovremo imparare a vivere distanti l’uno dall’altro e che sicuramente manderanno più in crisi me che lui.
Del resto questa è la natura, questo è anche ciò che noi mamme dobbiamo imparare a fare: lasciarli andare.
Una genitorialità ad alto contatto, un esserci qui e ora fintanto che sono piccoli e hanno cosi tanto bisogno di noi, pone le giuste basi per renderli indipendenti da grandi…e il babywearing aiuta anche in questo: a costruire una “base sicura” dalla quale spiccare il volo, e quale miglior posto per iniziare a volare se non dalla schiena della propria mamma?
A questo punto sono curiosa di sapere come hai vissuto tu il passaggio sulla schiena e, se ancora non ci sei arrivata, mi piacerebbe racontassi cosa eventualmente ti blocca.
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A dir poco emozionante 😍